mercoledì 21 agosto 2013

Balli lenti 1


Tanti di noi hanno attraversato il periodo dei balli adolescenziali, quelli che si sviluppavano entro la festicciola a base di pizzette e rustici e venivano rischiarati a intermittenza dalle luci alternate dei faretti, anche se almeno uno di essi - generalmente per esplicita volontà materna - doveva restare sempre acceso, perché, in fondo, qual era la speranza dei maschietti? Quella che, a un certo punto, i balli veloci si fermassero (e, per inciso, un povero adolescente smettesse, infine, di shakerarsi inutilmente come una piña colada) e si passasse ai lenti, i cosiddetti lenti da lavoro (perché era proprio un lavoro), in cui il ragazzo avvertiva il dovere di dare un senso concreto all'intuizione primordiale di Nostro Signore: nulla più di un lento poteva, infatti, favorire un minimo accoppiamento epidermico fra un maschietto e una femminuccia e facilitare la loro conoscenza. Anche se poi, solitamente, il ragazzo stringeva e la ragazza spingeva; il ragazzo tirava e la ragazza spingeva; il ragazzo abbracciava e la ragazza spingeva. E forse, quando riprendevano i balli veloci, si faticava un po' meno.

(adattamento da un monologo di Marco Presta)

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