venerdì 5 ottobre 2018

Cellulari


Siamo circondati da persone intente tutte a un’unica attività: comunicare col prossimo grazie al telefono cellulare che ogni bipede oggi tiene in assoluta evidenza. In una mano del nostro prossimo è presente una specie di mattonella che è, appunto, il cellulare. E lo si usa praticamente senza soluzione di continuità dal mattino alla sera, quando lo si collega all’energia elettrica per la ricarica in attesa del domani che riporterà il telefono cellulare al centro della nostra attenzione. Come siamo sopravvissuti negli anni passati? Chissà! Anni in cui il telefono era usato per eventualità impreviste e urgenti, mentre oggi si sposta quella specie di mattonella dalla bocca sulla guancia fino all’orecchio con velocità e naturalezza stupefacenti. Per dire cose che potrebbero aspettare, che non richiedono immediatezza: sapere come sta un cognato è un elemento cognitivo che può attendere, non ha emergenza né giustifica curiosità da appagare all’istante. Ma il cellulare che penzola davanti a ogni esofago deve avere una sua soddisfazione e giustificare la sua presenza. Possiamo collegarci con chiunque dovunque per dire anche ciò che si può tacere o affrontare come argomento in altri momenti. Avere campo per collegarci con chiunque, ci inorgoglisce: dichiariamo all’interlocutore la nostra collocazione, che grazie al cellulare non è più un impedimento e va a valorizzare la potenza di questo accessorio che travalica ogni ostacolo e ci dà modo di sapere in tempo reale che la piccola di casa è andata finalmente di corpo. Una volta, fino al rientro serale, non sapevamo niente di preciso sulle funzioni intestinali dei parenti e giravamo per la città senza informazioni sui disturbi digestivi. Il progresso ha diradato la nebbia delle coliche, il futuro è già cominciato.

(Enrico Vaime)

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