Cellulari
Siamo circondati da persone intente tutte a un’unica attività:
comunicare col prossimo grazie al telefono cellulare che ogni bipede
oggi tiene in assoluta evidenza. In una mano del nostro prossimo è
presente una specie di mattonella che è, appunto, il cellulare. E lo si usa
praticamente senza soluzione di continuità dal mattino alla sera, quando
lo si collega all’energia elettrica per la ricarica in attesa del domani
che riporterà il telefono cellulare al centro della nostra attenzione.
Come siamo sopravvissuti negli anni passati? Chissà! Anni in cui il
telefono era usato per eventualità impreviste e urgenti, mentre oggi si sposta
quella specie di mattonella dalla bocca sulla guancia fino all’orecchio
con velocità e naturalezza stupefacenti. Per dire cose che potrebbero
aspettare, che non richiedono immediatezza: sapere come sta un cognato è
un elemento cognitivo che può attendere, non ha emergenza né giustifica
curiosità da appagare all’istante. Ma il cellulare che penzola davanti
a ogni esofago deve avere una sua soddisfazione e giustificare la sua
presenza. Possiamo collegarci con chiunque dovunque per dire anche ciò
che si può tacere o affrontare come argomento in altri momenti. Avere
campo per collegarci con chiunque, ci inorgoglisce: dichiariamo
all’interlocutore la nostra collocazione, che grazie al cellulare non è
più un impedimento e va a valorizzare la potenza di questo accessorio
che travalica ogni ostacolo e ci dà modo di sapere in tempo reale che la
piccola di casa è andata finalmente di corpo. Una volta, fino al
rientro serale, non sapevamo niente di preciso sulle funzioni
intestinali dei parenti e giravamo per la città senza informazioni sui
disturbi digestivi. Il progresso ha diradato la nebbia delle coliche, il
futuro è già cominciato.
(Enrico Vaime)
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