Quando lo stile non c'è più...
Qualcuno fra i lettori ricorderà (o potrebbe averne addirittura letto su questo stesso blog) che, fra il 1966 e il 1979, la Domenica mattina degli italiani era allietata dalla trasmissione radiofonica (2° canale RAI) "Gran Varietà", spettacolo scritto e/o coordinato da Amurri & Jurgens Sr (e al posto di quest'ultimo, dal 1970 in avanti, da altri autori di sicuro spessore quali Verde, Vaime e Broccoli Sr) ove ruotava, a turno di tredici settimane (corrispondenti ai tre mesi della tabella relativa alle marche settimanali I.N.P.S.) il fior fiore dello spettacolo italiano. Esiti: 8 milioni in media di ascoltatori (senza contare quelli delle repliche infrasettimanali) e indice di gradimento vicino al 90%. Nel trimestre estivo del 1967, il programma - allora presentato dallo straordinario Raimondo Vianello - registrò anche la presenza del grande Aldo Fabrizi, il quale, affacciandosi da un'ideale finestra, tentava di dare ordine alle sue idee (impersonate da voci femminili fuori campo) che vedeva virtualmente sfilare nell'etere. In occasione dell'ultimo appuntamento, declamò una poesia - appositamente composta per la circostanza - tramite la quale, con voce spezzata da sincera emozione, si congedò dal pubblico che lo aveva seguito con tanto affetto.
Ora, giustamente, qualcuno si chiederà: cosa c'entra tutto ciò con le cronache della zona Loreto in Reggio di Calabria? Bé, si dà il caso che in queste ultime settimane una signora del luogo, afflitta da ricorrenti paturnie teatrali e che, sino all'anno scorso, a furia di piatire attenzioni, aveva ottenuto una finestra da cui ammannirci - unitamente a qualche consanguineo o ad altri soggetti masochisticamente a lei vicini - la sua pessima arte, ha fatto sapere che è molto tentata dal togliere il saluto a quella frangia di pubblico che non l'ha sostenuta a sufficienza affinché la suddetta finestra le si riaprisse anche nell'anno corrente. Eppure si tratta di una fascia di pubblico che, solo per essere stata stoica spettatrice di spettacoli sicuramente immeritevoli della visione integrale (specialmente quando interveniva lei o qualcuno dei suoi consanguinei), era invece degna di essere congedata con la maggior riconoscenza possibile. Ebbene, sapendo che codesta signora si sintonizza saltuariamente su questo blog, la invitiamo a leggere la già citata poesia di Aldo Fabrizi, la quale qui di seguito riportiamo integralmente, nella speranza di non aver commesso errori di romanesco, affinché possa trarne le opportune riflessioni (pur consapevoli che chi non ha uno stile, non se lo può dare).
Er saluto
Er saluto magari sembra gnente
e invece è un rito: è la preparazione
all'incontro o ar distacco, è l'impressione,
bona o cattiva, fatta sulla gente.
L'italiano moderno, che è evoluto,
p'esse sempre pronto a ogni occasione,
de saluti ce n'ha na collezione:
pe ogni personaggio ci ha un saluto!
Er saluto deve esse' calibrato:
ognuno deve ave' quer che je tocca,
quindi nun ve consijo d'aprì bocca
e - come se dice a Roma - daje fiato.
Metti che tu sei amico de Vianello
(bé, amico forse è troppo esagerato):
pe nun fa' la figura der cecato,
nel salutallo nun je di' "Ciao, bello!"
Fatte conto che Mike Bongiorno
ritornasse in America da zio:
nun dije arivederci, dije addio
e strappaje er bijetto de ritorno!
Ma a voi che dico? Pe tre mesi e passa
se semo visti puntuarmente qui
e se semo rintesi er Giovedì:
era nato un amore e mo ce lassa!
E sogno co sto core malinconico
na specie de miracolo, un giochetto
che diventanno un mini Fabrizietto
v'esco dall'apparecchio radiofonico
e in ogni casa, in ogni appartamento,
in macchina, in canotto, in aeroplano
in campagna, in collina, in altipiano,
insomma a 'ndove state in sto momento,
faccio un saluto semplice, all'antica,
e a tutti quanti, ar pubblico e all'orchestra
ve lasso er core sopra a sta finestra.
Arrivederci e Dio ce benedica!
Etichette: Attualità
0 Commenti:
Posta un commento
Iscriviti a Commenti sul post [Atom]
<< Home page