sabato 14 settembre 2013

Il Sabato sauro del villaggio - Riflessioni su quel che ci accade a nostra insaputa o meno


Intercessioni

Non so se possa esservi qualche connessione subliminale con la festa patronale cittadina che, fra la mattinata di oggi e la tarda nottata di Martedì prossimo, esplicherà il subdolo mix dei suoi effetti mistici e materialistici assieme, ma in questi giorni sto ricevendo, sia in forma verbale che scritta (in quest'ultimo caso si tratta di commenti anonimi a cui, come sempre, non concedo l'onore della pubblicazione), qualche intercessione finalizzata a farmi rimuovere un paio di post che, a parere degli instanti, penalizzerebbero oltremisura l'immagine pubblica di una persona militante nell'Azione Cattolica parrocchiale.

Orbene, a parte che - come precisato anche nelle note introduttive del blog - buona parte di chi frequenta la parrocchia del Loreto (compreso lo scrivente, ci mancherebbe!), il danno di immagine se lo crea autonomamente ogni qualvolta esce da casa, è di tutta evidenza che chiunque si esibisca su un palcoscenico, a qualsiasi titolo, deve primariamente prendere coscienza di poter essere passibile di rilievi.
Certi appelli, pertanto, finiscono per stridere paradossalmente col concetto stesso di "personaggio pubblico", le cui stimmate non possono essere rivendicate soltanto quando la stampa compiacente ne tesse le interessate lodi: si è personaggi pubblici, innanzitutto, quando si ha il coraggio di confrontarsi con le critiche motivate, ossia quelle che - è meglio ricordarlo - sono strumento indispensabile per un'effettiva crescita personale.

Rispondo anche, brevemente, alle due principali obiezioni che mi sono state sollevate.
Qualcuno ritiene che io non abbia il diritto di opinare alcunché sulle performance artistiche di questa persona perché, a sua differenza, non ho mai calcato un palcoscenico. Tale osservazione è talmente sterile, da suscitare finanche un istintivo moto di pietà per chi l'ha formulata: forse che, per il fatto di non aver mai preso parte ad una pellicola cinematografica, a qualcuno di noi è precluso poter dire che un film è brutto?
Qualche altro, invece, mi domanda - credo provocatoriamente - come mi sentirei al posto di questa persona e come reagirei all'asprezza di certe critiche. 
Sicuramente non chiederei, per il tramite di alcuno, la rimozione dal blog di fotografie e/o di opinioni negative, né andrei in tour per piatire il conforto e la solidarietà altrui (eviterei, in particolare, il supporto di qualche acidula comare della piazza che, pedagogicamente parlando, spicca soltanto per la poco invidiabile capacità di trasmettere alla propria prole le deprecabili tare caratteriali da cui è affetta). Sicuramente mi interrogherei sulle motivazioni da cui traggono linfa le analisi poco favorevoli ma, infine, riuscirei ad accettare abbastanza serenamente il fatto di non poter piacere a qualcuno. Come realmente mi accade ogni qualvolta, navigando in rete, incappo in commenti poco lusinghieri sulla qualità complessiva del mio blog: ma, dopotutto, se ho la pretesa di propormi pubblicamente, sono cose che ci stanno e anch'io, a mia volta, ci devo stare.

E, comunque, diciamoci la verità, anonimi e palesi interlocutori: le mie valutazioni sono acqua fresca rispetto alle irripetibili opinioni dispensate con scarso senso diplomatico da chi ha avuto la (s)ventura di assistere a certe rappresentazioni teatrali e non era legato da rapporti di parentela o stretta amicizia con chi si è malamente esibito.

Poi, in linea generale, non capisco perché, fra le altre cose (mi e vi risparmio l'imbarazzante elenco), questa persona possa liberamente permettersi, da tempo immemore, svariati gratuiti tentativi (anche se solitamente destinati a scarsi esiti) di mettere in cattiva luce chiunque non rientri nel suo entourage o le sia poco accondiscendente (in un caso che mi riguarda, per esempio, ha vanamente tentato di mettermi in ridicolo con le mie stesse nipoti) e io, invece, non dovrei concedermi la libertà di scrivere che assistere alle sue esibizioni costituisce, per l'animo di tanti (e sottolineo tanti) spettatori, una vera e propria pena (con scatto delle pene accessorie se nell'offerta artistica sono incluse anche le figlie).

Concludo ricordando quanto sosteneva Fëdor Dostoevskij: se si vuole conoscere una persona, non si deve prestare attenzione al modo in cui sta in silenzio o parla o piange o se è animata da idee elevate, ma bisogna guardare, piuttosto, al modo in cui ride. E il modo di ridere di cui è capace questa persona, fa soltanto rabbrividire... 

   

Etichette:

0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page