Radio Tamarra
Può accadere, ogni qualvolta tentiamo di emulare modelli che non sono proprio nelle nostre corde, che venga fuori quel personale lato tamarro che - nonostante gli immani sforzi - non riusciamo a contenere come vorremmo. Ecco dunque che, sotto l'egida del soggetto più tamarro del Loreto, nasce questa radio tematica che vi terrà compagnia per tutte le Domeniche d'Autunno, proponendovi una rassegna di canzoni che hanno inesorabilmente dirottato i loro interpreti verso eccessi che, redditizi o meno, gli sono valsi il conferimento - temporaneo o definitivo - più squalificante: quello di essere dei veri tamarri.
Per qualcuno è un inno generazionale; per noi, invece, è un'orripilante chiavica: si tratta di Che fico!, un pezzo del 1982 (e sigla di apertura del Festival di Sanremo dello stesso anno) inciso da Pippo Franco. Ammesso che sia stato veramente lui: infatti, secondo voci mai risolutamente smentite, il vero Pippo Franco (nome d'arte di Francesco Pippo) sarebbe morto nel 1980 per mano di un contadino a cui stava rubando delle mandorle, e il suo posto fu preso dal sosia Fulvio Francesco Salatino, contrabbandiere meridionale che sfruttò la straordinaria somiglianza per rifarsi un codice penale immacolato. Questo spiegherebbe il crollo di creatività rispetto al geniale Pippo Franco degli esordi, che difficilmente si sarebbe prestato - a quarant'anni passati! - a fare la patetica parodia degli yuppies in erba. Tuttavia, per onestà intellettuale, è giusto evidenziare che il lato B del 45 giri contiene Ma guarda un po', una canzone davvero carina e assolutamente in linea con le migliori produzioni del Pippo Franco più ispirato: e proprio per questo, forse, nessuno si è preso la briga di postarla su YouTube.
Comunque, Che fico! diventò un piccolo tormentone primaverile e contribuì in rilevante misura ad estendere agli uomini di un certo fascino un termine che, sino a poco tempo prima, veniva declinato esclusivamente al femminile per indicare una ragazza di notevole bellezza. La cosa non andò particolarmente giù a Walter Chiari (che, volendo, era anche lui un sosia del Walter Chiari originale, che - secondo i più - era restato a marcire spiritualmente entro le mura carcerarie ove fu recluso nei primi anni '70), il quale, intervenendo alla festa patronale reggina nel corso dello stesso 1982, ebbe a dire - nel generale sbigottimento della folla accorsa a Piazza Castello per assistere al suo one-man-show - che, alla prossima donna che gli avesse detto che era un bel fico, avrebbe risposto che lei era una bella cazza.
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