
La prendo un po' alla lontana. Volgeva al termine l'Estate 1976 quando nei cinema italiani veniva programmato, in prima visione, l'arcinoto "Febbre da cavallo", che però divenne il cult che quasi tutti conosciamo soltanto nei primi anni '80, dopo i ripetuti passaggi sulle televisioni commerciali. La prima accoglienza, infatti, fu molto tiepida (poco più degli attuali 103.000 Euro di incasso) e venne rapidamente rimosso dalle sale di tutta Italia con l'eccezione di Reggio Calabria, dove restò in programmazione per un mese intero. I residenti che ebbero occasione di vederlo ne riferirono in termini entusiastici, irretiti dalle straordinarie performance di Gigi Proietti ed Enrico Montesano (già conosciuti ma non popolarissimi) e tanti spettatori, compreso mio padre, tornarono addirittura a vederlo una seconda volta.
A tutt'oggi, pertanto, chi scrive non riesce a spiegarsi com'è possibile che talvolta questa città sia capace di anticipare i tempi ma, molto più frequentemente, attecchisca su vetusti e logori pregiudizi che non riesce proprio a sradicare.
Attualmente, per esempio, una minoranza molto rumorosa non perde occasione per sferrare attacchi pretestuosi all'attuale proprietà della Reggina (che, per inciso, non convince neanche lo scrivente) attendendo al varco - e con malcelata soddisfazione - le eventuali combinazioni negative che ne penalizzino la classifica per poter poi sfogare la propria rabbia e il proprio sarcasmo sui social, spesso ben oltre i limiti della decenza. I principali motivi di questa avversione sono da ricondurre, principalmente, all'origine catanese dei proprietari, alla loro carenza di specifiche competenze (rilievo parzialmente condivisibile) e alla loro relativa presunta scarsa disponibilità economica rispetto ad altre squadre concorrenti (ma, purtroppo, al netto di diffuse illazioni di matrice politica, proposte migliori non sono pervenute).
Sarebbe intellettualmente più onesto riconoscere l'incapacità autoctona di rilevare la società (e tacciamo su chi delirava di una ripartenza dalla terza categoria, che, nel migliore dei casi, ci avrebbe condannato a non meno di cinque anni di anonimato con relativi rischi di progressiva disaffezione) e non accampare puerili scuse come la provenienza territoriale degli attuali proprietari. Sarebbe molto più corretto ammettere che il dilettantismo calcistico non è gradito e rinviare il proprio personale riaccostamento alla Reggina non appena quest'ultima riuscirà a raggiungere palcoscenici più gratificanti, senza offendere la passione di chi continua a seguirla anche nella cattiva sorte e meriterebbe, proprio per questo, incondizionato rispetto.
La Serie D, per tanti motivi, è una condizione calcistica che causa disagi anche a me, però, personalmente, per citare un solo esempio, mi sono sentito molto più imbarazzato quando, sul finire del campionato di Serie B 2021/2022 (gestione Gallo), il Lecce - lanciato verso la promozione - fu sconfitto proprio qui a Reggio Calabria e il suo presidente recriminò (senza mai essere convintamente smentito) sul fatto che la compagine salentina poteva rischiare di perdere la Serie A a causa di una squadra che non aveva neanche i requisiti per essere iscritta al campionato.
Ad maiora semper.
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